lunedì 9 agosto 2010

La scuola di serie B

Buon giorno a tutti!
Finalmente è tornato il caldo...con un bel sole così si vorrebbe solo andare al mare o in piscina per divertirsi con gli amici, ma prima di lasciarvi per dedicarmi a una bella giornata rilassante, vi propongo un articolo scritto a quattro mani con la mia amica e socia in affari (si fa per dire! ahah) Martina.

La scuola di serie B

Vi sembra possibile che in Italia la spesa per l’istruzione sia inferiore a quella di paesi come Corea e Messico? Eppure i dati OCSE parlano chiaro: l’Italia con solo il 9,3 % della spesa pubblica destinato alla scuola, è all’ultimo posto in una graduatoria internazionale dopo la Corea (15,3%) e il Messico (23,4%). Questo è solo un aspetto della crisi che sta investendo il nostro sistema scolastico, ormai devastato da una lunga serie di soprusi.
Proprio su questo argomento era incentrato il reportage “La scuola fallita” del programma “Presa diretta” di Riccardo Iacona andato in onda il 14 febbraio su Rai Tre (lo si può vedere visitando il sito della Rai). Le prime immagini sono forse quelle che ci hanno colpito di più: insegnanti precari costretti a viaggiare da un capo all’altro dell’Italia e a separarsi dalla famiglia, edifici scolastici che cadono a pezzi per la mancanza di fondi ed eroici genitori che cercano di garantire ai propri figli un posto decente imbiancando le pareti durante il week-end. Ma la cosa peggiore è vedere bambini infreddoliti che, con sciarpe e cappotti, tentano di resistere al gelo invernale in una classe senza riscaldamento, perché lo Stato non eroga fondi.
Non preoccupatevi, questo succede solo nella scuola pubblica! Infatti se avete seguito il programma “Presa diretta” saprete già che esiste anche l’altra faccia della medaglia. Stiamo parlando delle lussuose “scuole a cinque stelle”, ovvero le scuole private. Qui i cosiddetti “figli di papà” sono istruiti in due lingue fin dall’asilo, hanno a disposizione una lavagna digitale interattiva per classe e possono frequentare corsi di nuoto in piscine olimpioniche. Forse questo impressionante divario è dovuto al fatto che per l’anno 2009 lo Stato ha stanziato 24 milioni di euro per la scuola pubblica contro i 51 assegnati alla privata. Questi dati sono scandalosi considerando il fatto che per definizione la scuola privata è un’istituzione completamente indipendente dallo Stato e per di più conta su altissime rate mensili.
La nostra indignazione è cresciuta ulteriormente avendo scoperto che in Parlamento, dopo la messa in onda del programma “Presa diretta”, nessuno ha alzato la voce su questa grave situazione. Questa indifferenza assoluta dei nostri politici purtroppo non deve stupire considerando il fatto che tantissimi soldi (e si parla di miliardi!) che potrebbero essere destinati alla scuola pubblica sono invece impiegati per spese assurde. Un esempio? I 14 miliardi di euro che il governo ha deciso di investire nell’acquisto di 131 cacciabombardieri F-35 (utilizzabili solo in aperta contraddizione con la Costituzione, che ammette la guerra solo a scopo difensivo) potrebbero invece essere destinati alla costruzione di 400 asili nido. Per non parlare dei 512 milioni impiegati per l’allestimento del G8 a L’Aquila: soldi usati per spese assolutamente “fondamentali” come i 24 mila euro per gli asciugamani, i 26 mila per 60 penne “Edizione Unica” e i 13 mila per 30 distruggi-documenti.
Con queste risorse si sarebbero potuti risolvere ampiamente numerosi problemi della scuola pubblica che invece si trova ormai in una situazione insostenibile. Basta pensare al 43% degli edifici scolastici ad alto rischio sismico e al 33% di scuole che necessitano di interventi di manutenzione urgente. Inoltre nel 61% delle scuole pubbliche non c’è il sapone e nel 44% manca la carta igienica. Allo Stato la scuola pubblica, evidentemente, non interessa più.
La riforma Gelmini, definita “epocale” dallo stesso ministro, tanto per migliorare le cose, prevede tagli pari a 7,3 milioni di euro: un’altra tappa della cosiddetta “politica del risparmio” volta al superamento di una crisi che appare e scompare a seconda della comodità della sua presenza. Inoltre anche le modifiche che sembrano non interessare l’aspetto economico vanno ad influire sulla quantità di denaro destinato alla scuola pubblica poiché la diminuzione delle ore di italiano e storia, l’abolizione dello studio della geografia e la riduzione dell’obbligo scolastico oltre che abbassare la qualità di istruzione determinano un conseguente taglio di posti di lavoro, soprattutto di insegnanti.
Purtroppo le cose non possono cambiare se la maggior parte delle persone non si dimostra interessata al problema. Sembra infatti che molti studenti non si preoccupino della loro situazione: ma forse non è ancora chiaro che in uno stato civile il diritto allo studio deve essere garantito e difeso perché solo quando viene salvaguardato questo diritto ci possono essere pari opportunità per tutti, possibilità di fare libere scelte, insomma vera uguaglianza. A quanto pare, invece, per lo Stato ci sono studenti di serie A e studenti di serie B.
Tuttavia ci sono migliaia di ragazzi e professori che protestano per lo sfacelo della scuola pubblica. Lo sciopero nazionale contro la riforma Gelmini del 12 marzo 2010, che ha visto coinvolte oltre 60 mila persone fra docenti, personale ATA e studenti solo in Emilia Romagna,  è un esempio della volontà di ottenere un miglioramento della situazione scolastica, di fronte alla totale indifferenza del governo.
Non è ancora troppo tardi per impegnarsi e far valere i propri diritti: avere a cuore la propria istruzione e arrabbiarsi di fronte a certe scelte del governo significa essere consapevoli di ciò che è importante per essere veramente liberi.

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